L’INGANNO DELL’«INTELLIGENZA» ARTIFICIALE
Verso la dissoluzione della ragione umana

Autore: Fileas Arvantiero

Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 113 della Rivista di Studi Tradizionali.

Il testo integrale, completo delle note, è disponibile con l'acquisto del numero corrispondente della rivista.

... uno smascheramento dell’AI per quello che è, cioè una montatura colossale, è possibile solo tramite gli strumenti della conoscenza tradizionale, i quali – proprio perché basati sui principi – sono indipendenti dagli sviluppi futuri della tecnologia, e sono in grado di inquadrare questo fenomeno nel contesto della inarrestabile discesa ciclica con le sue varie fasi di «sovversione».

C’è anche qualche diffidente che pone l’accento sui pericoli che potrebbero derivare dall’AI, ritenuto da certuni potenzialmente in grado addirittura di distruggere la specie umana.
A causa di questa situazione surreale è il caso di intervenire con qualche nota per ribadire certe questioni di principio, che in questo caso come in tutti gli altri, sono le uniche che possono chiarire definitivamente ciò a cui tutti siamo di fronte in questa cosiddetta «rivoluzione digitale», che rischia di avere impatti non indifferenti su tutti gli aspetti della vita umana, a partire da quello spirituale e intellettuale a finire a quelli pratici e sociali.

...Anche se può apparire strano l’AI rientra a pieno titolo in quella che René Guénon ha definito l’«invasione dello psichico» e circa la quale (nel 1936!) aveva pronosticato:
«mi sembra anche più grave del materialismo, e constato a ogni istante che guadagna terreno molto rapidamente da tutte le parti. Questo spalanca la porta a tutte le diavolerie immaginabili; è incredibile vedere che cosa ne scaturisce ovunque». L’AI è esattamente una di quelle diavolerie e si potrebbe definire sia come una specie di meccanizzazione dello psichico...

...L’uomo materialista che ha riposto tutte le sue chances nel tempo del divenire, sentendoselo sfuggire e con esso se stesso (tempus fugit), cerca di fermarlo, di perpetuarlo salvando su file il momento presente. Più in generale, per rendere (parodisticamente) immortale l’intera individualità, le neuroscienze cercano di creare una sorta di «file della mente» salvato su «hard-disk» come fosse un alter-ego, (o “avatar” come lo chiamano), un’anima artificiale, del poveruomo che rischia ormai di perdere quella naturale.

Si potrebbe dire che, in una accezione particolare, «Il tempo si cambia in spazio», in questo caso in “spazio di memoria” del computer, cioè qualcosa di ancora più astratto ed evanescente dello spazio fisico; non è questo un aspetto della dissoluzione finale?...

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