CREAZIONISMO E DOTTRINE COSMOGONICHE

Autore: Amedeo Zorzi

Il testo riprodotto in questa pagina è un estratto dell'articolo pubblicato nel numero 107 della Rivista di Studi Tradizionali.

Il testo integrale, completo delle note, è disponibile con l'acquisto del numero corrispondente della rivista.

... Una delle differenze fondamentali che almeno apparentemente separano le dottrine tradizionali occidentali da quelle orientali riguarda il modo di considerare l'origine stessa di tutto ciò che costituisce «l'esistenza universale». Nelle tradizioni occidentali, che sono essenzialmente quelle del ceppo abramico, tale origine corrisponde alla «creazione», intesa non come una formazione a partire da una materia preesistente ma come un «fare dal nulla», ad opera della Parola o della Onnipotenza divina. Nelle tradizioni orientali le dottrine cosmogoniche si trovano sviluppate in modo più complesso e più completo, e l'esistenza universale è considerata come la «manifestazione» di determinate possibilità comprese nel Principio; inoltre, il dispiegarsi di tali possibilità viene anche considerato da un punto di vista cosmologico, che vede il processo di manifestazione svilupparsi attraverso differenti piani o ordini di realtà ove il piano inferiore trova in quello superiore la propria causa immediata, pur essendo ogni realtà sempre riferita al Principio, poiché ogni aspetto cosmologico non contrasta ma è anzi un riflesso del punto di vista propriamente metafisico...

La dottrina della creazione «dal nulla» interviene dunque per superare il dualismo e riferire l'origine dell'esistenza ad un Principio unico; ma su come debba intendersi la creazione ex nihilo non sempre vi è chiarezza in campo teologico per i molteplici malintesi che possono nascere da una formulazione che comunque deve rimanere dogmatica...

Gli equivoci più gravi nascono dalla difficoltà che molti incontrano, di fronte alle dottrine orientali, a concepire il Non Essere o il non-manifestato quale principio del manifestato, per la loro inveterata abitudine di considerare il manifestato come reale, tanto che finiscono per assimilare il non-manifestato al nulla. Al contrario il manifestato è per sua natura illusorio e non-manifestato sta quindi per non-illusorio e corrisponde alla vera Realtà...

Il panteismo, in generale, consisterebbe nell'identificare Dio con l'universo, non nel senso che l'universo sia illusorio e la sua realtà sia tutta nel Principio, ma al contrario prendendo la manifestazione come reale e «materializzando», se così si può dire, il Principio. È dunque l'idea anti-metafisica per eccellenza; ed anche quando si parla, come nel caso del new-age, di una energia di cui sarebbe fatto l'universo, si tratta sempre di qualche cosa che è considerato come manifestato, sprovvisto di ogni trascendenza...

Fintantoché si attribuisce all'essere contingente una realtà definitiva, anche se visto come infinitesimale in rapporto al Principio, non potrà mai essere risolta la dualità creatura – Creatore; si dovrebbe quindi parlare, anche dal punto di vista exoterico – quali che siano le opinioni dei moderni – di «nullità» degli esseri creati nei confronti del Principio creatore...

Ancora a proposito dell'inizio del Vangelo di San Giovanni, possiamo notare che non vi è l'impiego della parola creare ma «fare» (che è d'altronde il senso che aveva anticamente la parola creare, almeno in latino) e ogni cosa è stata fatta per mezzo del Verbo; non vi si trova la menzione di una «sostanza», e così si potrebbe dire che è particolarmente evidente la possibilità di passare al punto di vista metafisico per il quale «tutto è Spirito» e lo Spirito è il Principio stesso...

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